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Messico, nuvole, Senna, Prost, Ham e RosbergLeo Turrini - 29 ottobre 2015

Andai per la prima volta in Messico a fine maggio del 1989.

Ricordo la gente che girava per le strade della capitale con il volto coperto da una mascherina. L’inquinamento atmosferico era terribile.

Per noi ai box era appena scoppiata la guerra tra Senna e Prost, post Imola.

Chi ha vissuto quella epopea in diretta capisce bene come sia improponibile il confronto con il dualismo Hamilton-Rosberg.

La spiegazione è molto semplice, al di là del contesto completamente diverso.

Ayrton e Alain erano due Fenomeni, molto vicini per talento e per rendimento. Si poteva preferire l’uno o l’altro, ma separarne in modo netto l’abilità era praticamente impossibile.

Nel caso di Lewis e di Nico, il Fenomeno è uno solo ed è Nero. L’altro è un buon pilota, molto veloce. Ma inferiore al compagno, per tutta una serie di evidenze che sono state squadernate dagli eventi dell’ultimo biennio.

Almeno, this is my opinion.

In Messico, ai tempi delle ultime apparizioni della F1 (mi pare di averci messo piede per l’ultima volta nella primavera del 1992) , il popolo era molto legato ad una idea ‘romantica’ dell’automobilismo. La ‘carrera’. L’audacia. Pedro e Ricardo Rodriguez. Una propensione ad esasperare i sentimenti ‘da competizione’.

Oggi, non so.

Ma, senza nostalgie inutili, suppongo che pure ai conterranei di Don Diego de La Vega, alias Zorro, mancheranno molto Senna e Prost (e anche Mansell, se è per quello).